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Data di pubblicazione: 08/09/2011
«L'11 settembre? Ora è una grande narrazione»
FESTIVAL DELLA LETTERATURA. A Mantova Baricco affronta il nostro presente attraverso un saggio di BenjaminSimone Incontro
MANTOVA
Può un saggio del 1936 sulla narrazione, spiegare l'11 Settembre 2001 e la crisi economica di questi ultimi anni? Al Festivaletteratura di Mantova sembra proprio di sì, parola di Alessandro Baricco che ieri ha tenuto un incontro sul saggio Il narratore (Einaudi) del pensatore tedesco Walter Benjamin.
Perché rivalutare quest'opera - che Baricco considera alla pari di alcuni scritti di Kant e Montaigne - ora, quasi 80 anni dopo? Per due motivi: «perché è bella e perché è un pezzo di passato che alla luce del presente sprigiona forza e luce, al pari di un prisma».
Il filosofo tedesco, secondo lo scrittore torinese, tocca i nervi scoperti del nostro tempo e ci pone due domande: dove stiamo andando e chi siamo? Nell'epoca in cui scrive Benjamin, l'Europa non ha più certezze. Ha alle spalle la prima guerra mondiale e la crisi del Ventinove. Non si raccontano più storie perché la gente ha smarrito la capacità di fare esperienza e, in aggiunta, due forze contribuiscono ad uccidere il rito della narrazione: il romanzo e l'informazione. In poco tempo, secondo Baricco, viene fatto fuori Omero. Dagli anni Novanta in poi siamo tornati, però, ad essere una comunità che si gioca sulle storie. Per Baricco compriamo e votiamo storie. «Un grande gruppo alimentare ha ideato un succo di frutta che si chiama "storia di frutta"», spiega l'autore di Barbari. «E gli Usa nel 2008 hanno scelto Obama, perché lui era e aveva una grande storia. È stato una speranza collettiva e nessuno conosceva, neppure gli elettori americani, il suo programma».
Oggi, dice Baricco, c'è una vera e propria esasperazione della narrazione e assistiamo a una continua scissione dei fatti. A contare sono le storie forti e coerenti. E che ruolo possono avere gli intellettuali? Benjamin non ha una risposta ma ci aiuta a capire. È anche il momento dell'autocritica di Baricco: una volta volevamo conservare la narrazione ma ora questa ci porta lontani dai fatti. «Non tollero l'orazione sociale in stile Saviano, non torno in televisione perché non mi quadra», afferma lo scrittore. «E con il teatro ho generato un effetto che non amo. È arrivato il momento dello sguardo duro dei fatti».
Qualche ora prima, l'83enne don Andrea Gallo, autodefinitosi «salesiano e prete del marciapiede», citava gli scritti di don Lorenzo Milani e Antonio Gramsci, le poesie di Fernanda Pivano e i testi delle canzoni di Fabrizio De André, per sostenere che stiamo vivendo tempi molto difficili ma che non tutto è perduto. «Servono intelligenza, creatività e spiritualità. Un nuovo mondo è possibile. Al centro bisogna mettere la coscienza», ha detto don Gallo a Mantova. «La politica deve essere, come mi confidava don Milani, "l'uscire tutti insieme dai problemi, partendo dagli ultimi"».
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