lunedì 26 settembre 2011

Apocalisse Pakistan

L'incubo del Pakistan e i misteri mai spiegati

SAGGIO. Un'indagine sul potere a Islamabad
Un Paese con armi nucleari e militari che flirtano con i terroristi L'America deve servirsene ma la Cina ora sta facendosi avanti

di Simone Incontro
26/09/2011

Un Paese dotato di armi nucleari, ma con un'economia al disastro, un sistema politico a pezzi e un esercito che flirta con l'estremismo islamico. Un incubo strategico. Così si può riassumere il Pakistan.

Visto dall'Europa, il Pakistan appare un Paese lontano e incomprensibile. Ma gli americani sanno bene che la partita decisiva nella lunga guerra al terrorismo, inaugurata da George W. Bush poche ore dopo l'attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono, si decide ad Islamabad. Nel 2008 la Commissione sulle relazioni estere del Senato degli Stati Uniti definiva il Pakistan come «il Paese più pericoloso del mondo».

La relazione tra Stato e terrorismo, tra terrorismo e servizi segreti e la definizione stessa di terrorismo in Pakistan sono, per usare un eufemismo, piuttosto confuse. Il Pakistan è un alleato fondamentale dell'Occidente nella guerra al terrorismo ma anche il Paese nel quale si nascondono da oltre dieci anni i capi supremi del terrorismo islamico internazionale.

I giornalisti Francesca Marino e Beniamino Natale nel loro libro Apocalisse Pakistan (Memori, 238 pagine) ripercorrono la storia di questa nazione asiatica, raccontando le dinastie politiche dei suoi leader e i doppi e tripli giochi dei suoi servizi segreti. Apocalisse Pakistan è un saggio che ci fa comprendere come mai Osama bin Laden avesse scelto come suo rifugio proprio il Pakistan. Il leader di al Qaida non era in una caverna sulle montagne, ma in una casa confortevole e ben protetta ad Abbottabad, una città-fortino a cento chilometri dalla capitale Islamabad. Il rifugio dell'emiro si trova a poca distanza da un centro dell'esercito e da una accademia militare.

La villa è stata costruita nel 2005 e, secondo gli analisti americani, proprio con lo scopo di ospitare un soggetto importante come Osama. Anzi, è stata proprio l'eccezionalità dell'edificio a confermare i loro sospetti. Il sospetto fortissimo è che Osama abbia vissuto sotto il controllo dello Stato pachistano, anzi, ospite del suo esercito, finanziato generosamente dagli Stati Uniti.

IL SOSPETTO, inoltre, è che anche il Mullah Omar, il leader dei talebani, sia ospite di Stato nel Pakistan, protetto in qualche rifugio sicuro. Il quartiere generale dei talebani afghani è insediato al completo nel Waziristan del nord, una regione confinante con l'Afghanistan. L'esercito pachistano si rifiuta di attaccare qualunque gruppo che si ricolleghi a loro. I generali pachistani sono ancora convinti che l'unico modo per influire sull'Afghanistan sia tramite i talebani, con i quali hanno legami ventennali.
Islamabad è, nonostante tutto questo, un alleato chiave nella lotta contro i talebani nel vicino Afghanistan. È vero però che con l'uccisione di Osama, la credibilità dei militari pachistani è quasi a zero. Il presidente americano Barack Obama, dopo il raid del 2 maggio scorso contro la villa nella quale era nascosto Bin Laden, ha lasciato intendere che gli Usa hanno agito da soli e hanno informato il governo di Islamabad solo a cose fatte.

Il Pakistan si trova a cavallo fra l'Oceano Indiano e l'Asia centrale, uno spazio che l'analista americano del momento, Robert D. Kaplan, considera decisivo per gli equilibri futuri. Il Pakistan si trova all'incrocio di due assi geopolitici delicatissimi: quello fra India e Cina da una parte e quello tra Usa e Cina dall'altra.

Dal Pakistan, come scrive Dilip Hiro, autore di 32 volumi sulla storia dell'Asia, passano i tre quarti dei rifornimenti per gli oltre 100mila soldati americani e i 50mila alleati e i 100mila contractor in Afghanistan. Il Pentagono deve aver libero accesso al Paese attraverso i suoi vicini. Ora dei sei Paesi confinanti, solo tre hanno porti sul mare. Uno, la Cina, è troppo distante. Il secondo, l'Iran, è il nemico numero uno di Washington nella regione. Resta soltanto il Pakistan. Washington inoltre spesso dimentica che Islamabad ha una stretta alleanza con un'altra grande potenza, potenzialmente un realistico sostituto degli Usa, se le relazioni con Obama dovessero continuare a deteriorarsi: Pechino.

Le relazioni tra Cina e Pakistan, come sottolineano Natale e Marino, hanno avuto nel corso dei decenni uno sviluppo costante, seguendo una chiara linea che unisce tutti i governanti che si sono succeduti al potere a Islamabad, dall'autocrate Yahya Khan al socialista Zulfikar Bhutto, dal fanatico musulmano Zia ul-Haq al laico Asif Ali Zardari. Per gli autori di Apocalisse Pakistan il processo di passaggio del Pakistan dalla sfera d'influenza americana a quella cinese è vicina al compimento. Oggi circa quattro quinti dei carri armati, tre quinti degli aerei militari, tre quarti delle corvette e dei lanciamissili pachistani sono made in China. Di conseguenza, negli scorsi decenni, si è sviluppata una potente lobby pro-Pechino nelle forze armate pachistane. E quindi, non sorprende, sull'onda degli attriti con gli Usa dopo il raid di Abbotabad, che gli ufficiali pachistani abbiano permesso ai cinesi di esaminare l'elicottero «invisibile» americano andato in avaria durante il blitz e lasciato sul terreno dai Navy Seals.

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