martedì 11 ottobre 2011

Molinari & la New York tricolore


Dai quotidiani del gruppo Athesis

New York oggi si è svegliata italiana

di Simone Incontro

RADICI. Identità storica nel sogno americano Gli oltre tre milioni di newyorkesi di origine italiana festeggiano il Columbus Day. Dagli emigranti mazziniani, quanta strada

10/10/2011

Oggi è in festa la seconda città italiana al mondo: New York. Solo tra il 1900 ed il 1920 si contarono circa quattro milioni di italiani che misero piede a Ellis Island. Per decenni, il numero di coloro che a New York si potevano considerare italiani era superiore alla stessa popolazione di Roma. Il tricolore non passa di moda. Anche oggi la sfilata del Columbus Day sulla Fifth Avenue sarà aperta dai bersaglieri con il tricolore dal motto mazziniano «Dio e Patria»: la prima ondata di emigrazione italiana in America, nell'Ottocento, fu quella dei fuoriusciti politici.

Il Columbus Day è il momento in cui gli italiani di New York celebrano la loro identità. Sono in decine di migliaia a ritrovarsi all'incrocio fra la 47esima Strada e la Fifth Avenue per marciare verso nord, fino alla 72esima Strada, celebrando il giorno del 1492 in cui il navigatore genovese Cristoforo Colombo scoprì l'America. La festa italoamericana cade ogni secondo lunedì di ottobre, viene proclamata dal presidente degli Stati Uniti ed è celebrata in tutto il Paese.

«Se è vero che ogni gruppo etnico-religioso ha il giorno della propria parata a New York», scrive Maurizio Molinari nel suo ultimo libro Gli italiani di New York (Laterza, 267 pagine), «gli italiani si distinguono per due caratteristiche: la soverchiante presenza nei corpi di polizia, simbolo d'integrazione raggiunta, e le macchine d'epoca, in gran parte Ferrari e Maserati, considerate il fiore all'occhiello del Made in Italy». Molinari, corrispondente a New York per La Stampa, quattro anni dopo Gli ebrei di New York (sempre edito da Laterza), sposta la sua attenzione sugli italiani che vivono nella Grande Mela.

Ne esce un ritratto della più grande città italiana degli Usa: 3.372.512 newyorkesi di origine italiana, che rappresentano il 16% dei 21,2 milioni di abitanti della Grande New York, ovvero il primo gruppo etnico-linguistico nell'area urbana che include New York, Nord New Jersey e Long Island.

Chi sono gli italiani di New York e qual è il rapporto con la loro madrepatria? Parlano ancora l'italiano o lo hanno abbandonato definitivamente per l'inglese? Molinari cerca di rispondere a questi interrogativi e avverte fin dall'inizio il lettore, scrivendo che New York somma e sovrappone le identità italiane passate e presenti perché non tutti gli italiani che vi vivono condividono la stessa dimensione storica. Si passa dai top manager delle grandi banche d'affari, arrivati negli ultimi 20 anni, agli artigiani che confezionano dolci seguendo ricette che in Sicilia si tramandano da generazioni. Molinari accompagna i lettori nei luoghi immortalati in decine di romanzi e film, da dove però spesso usciva l'immagine di un popolo di mafiosi e cafoni. Oggi, con qualche eccezione, non c'è più razzismo antitaliano e sono cambiati i luoghi dove vivono i nostri connazionali. A partire dagli anni Cinquanta la Little Italy di Manhattan si è svuotata a favore di Brooklyn e, una generazione dopo, lo stesso spostamento in cerca di quartieri migliori ha portato gli immigrati di seconda e terza generazione a Staten Island e nel New Jersey. È sopravvissuta solo Arthur Avenue, nel Bronx, come roccaforte di italianità, che resiste ai nuovi arrivati albanesi e messicani. Ciò che continua a distinguere gli italiani di New York, secondo Molinari, è l'energia con cui difendono la loro identità. Si ritrovano infatti in una miriade di feste religiose, club e sodalizi, ognuno dei quali si richiama a un'origine geografica che va oltre le regioni e si declina in città, paesi, villaggi e frazioni urbane. Il risultato è un universo di voci e valori nel quale le contraddizioni fioriscono.

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