giovedì 6 ottobre 2011

Steve Jobs, l'America che sogna e crea



Domenica 22 Marzo 2009

Simone Incontro

E' notte fonda a Shanghai quando saliamo sul taxi e l'autista, dopo qualche minuto, ci sorprende mostrandoci un telefonino: è il nuovo iPhone, il palmare della Apple. E' possibile che l'ultima diavoleria di steve jobs riesca a stregare un tassista cinese che lavora giornate intere per portarsi a casa un misero stipendio?

Ebbene anche lui, risparmiando, può usare il suo nuovo iPhone per navigare in Internet, ascoltare musica, scattare fotografie e parlare con gli amici. Anche lui pensa che quello che possiede non è un semplice cellulare, ma un oggetto di culto. E così vale per Apple II, l'iPod e iTunes.

L'artefice di tutte queste creazioni è Steve jobs, l'uomo che dagli anni Settanta a oggi ha rivoluzionato l'informatica, il cinema d'animazione e la musica digitale. E' lui l'imprenditore in grado di trasformare un'azienda sull'orlo della bancarotta in una macchina d'affari con 18 miliardi di dollari di liquidità e zero debiti.
E' lui il volto di quell'America descritta dal giornalista Fareed Zakaria nel libro L'era post-americana (Rizzoli, 2008): un'America, positiva, in grado di poter ispirare ancora il mondo intero. L'imprenditore californiano è il protagonista di una storia straordinaria, segnata da molti successi, ma impastata anche di sconfitte e dolore. Abbandonato dai genitori alla nascita - il padre era un professore siriano in California, la madre una studentessa - Jobs non ha mai avuto una vita facile: prima "derubato" dei suoi successi tecnologici da Bill Gates, poi cacciato dagli stessi manager che lui aveva chiamato a gestire la Apple e, di recente, il tumore al pancreas, proprio nel momento di una nuova apoteosi per l'incredibile successo dell'iPod.
Solo una volta, nel 2005, jobs ha rotto il riserbo sulla sua vita privata, con uno straordinario discorso davanti agli studenti di Stanford nel quale ha raccontato la sua infanzia difficile, l'incubo del cancro e il modo in cui, più di vent'anni fa, ha trasformato una sconfitta in energia creativa.
Sbattuto fuori dalla Apple, Jobs ha rischiato di perdersi, ma poi ha reagito: «Ho ricominciato daccapo e sono entrato nel periodo più creativo della mia vita. Senza quella sconfitta non ci sarebbe stata la Pixar né la NeXT, né avrei incontrato Laurene e oggi non avrei una splendida famiglia con quattro figli».
Jobs ha lasciato gli studenti con lo slogan: «Stay hungry, stay foolish», qualcosa come «Abbiate sempre fame di conoscere e sperimentare, siate anticonformisti».
Jobs ha dimostrato queste carte anche una mattina del 1997, quando l'amministratore delegato della Apple Gil Amelio convoca il capo operativo dell'azienda, allora in crisi profonda e lo mette alla porta. Lo stesso giorno torna al comando jobs, l'uomo che nel 1976 ha fondato la società in un garage della Silicon Valley, e, dalla quale, dopo aver conseguito in pochi anni straordinari successi è stato defenestrato dieci anni dopo.
Tutti i dirigenti della Apple ricordano bene quella mattina di luglio: Jobs si presenta con scarpe da ginnastica, la barba non fatta da qualche giorno e pantaloni corti. Simon e Young, gli autori di iCon, riportano che Jobs convoca i capi area con l'aria di uno che voleva continuare un lavoro lasciato a metà la sera prima e chiede loro a bruciapelo: «Cos'è che non funziona in questo posto?».
Alla seconda risposta impacciata interrompe l'interlocutore urlando: «I prodotti! I prodotti non attirano, non sono sexy, fanno schifo!».
In poco tempo Jobs cambia il destino della Apple, grazie anche alle tecnologie di NeXT, l'azienda che lui stesso aveva fondato durante l'"esilio", mentre in parallelo, faceva crescere anche la Pixar, la società cinematografica di successo dell'animazione digitale (Toy Story, Nemo, Monsters & Company fino agli Incredibili e a Cars). Ora, dopo più di dieci anni, l'unica incognita della Apple è legata alla salute del suo fondatore, apparso visibilmente dimagrito.

Il 5 gennaio scorso
jobs ha detto, infatti, di essere affetto da uno squilibrio ormonale. Pochi giorni più tardi ha reso noto di volere prendere una pausa dal lavoro di cinque mesi e le uniche parole che ha detto sono state: «Perché non mi lasciate in pace? Perché tutto questo è così importante?».

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